206. Meu amigo Charlie Hebdo

People attend a support rally for French Chi di voi, di noi, della generazione che ha viaggiato e ha visto ambienti internazionali, o almeno ha parlato con immigrati e figli di immigrati, non conosce qualche “musulmano brava gente”? O magari musulmani occidentalizzati, che in fondo il velo non importa, il sesso prematrimoniale si può anche fare, un bicchierino di alcool non dà fastidio a nessuno eccetera, eccetera, eccetera. Persone ragionevoli, un po’ come i fascisti moderati, che in fondo se devono fare affari con le Coop rosse va bene lo stesso.

Abbiamo tutti qualche conoscente, amico o ex musulmano o musulmana. Tuttavia anche questa è una retorica stantia, né più né meno di quella che criminalizza tutti gli stranieri a casaccio. Non possiamo dire che i fanatici dell’ISIS o i due fratelli che hanno sterminato a colpi di kalashnikov la redazione di Charlie Hebdo siano pochi pazzi isolati: e non solo per l’evidente capacità organizzativa che c’è dietro, ma anche, e soprattutto, perché nella gran parte dei Paesi a maggioranza islamica le vignette di Charlie Hebdo sarebbero punite con la morte. Così come il proselitismo, qualora voi voleste provare a ragionare e a convincerli a convertirsi ad altra religione, o l’apostasia, se li convinceste e dichiarassero di non essere più musulmani. Non sono “pochi pazzi isolati”: sono persone che applicano le loro leggi, mettono in pratica ciò che nella loro cultura giuridica è normale e ovvio. I Fenici erano un grande popolo di inventori e commercianti. Nessuno ne può negare l’importanza storica e culturale. Tuttavia avevano anche il costume di sacrificare bambini agli dei Baal e Astarte. Furono i Siracusani che, dopo la vittoria di Imera, imposero ai nemici, come condizione di pace, che smettessero di praticare quella crudele usanza. Venne meno così una tradizione secolare, ma fu forse un male? Montesquieu, nel suo “Lo spirito delle leggi” lo definisce “Il più bel trattato di pace della storia”, E gli Inglesi, che certamente occuparono l’India in modo cruento, imposero ai locali di cessare la pratica di bruciare vive le vedove perché non sopravvivessero ai mariti. Questa era una pratica considerata di grande valore religioso, ma la sua scomparsa non ha poi impedito agli indiani di continuare a essere indù. Non stiamo lottando per il diritto di satira, ma per quello a non essere condannati a morte per blasfemia. Forse l’Occidente avrebbe dovuto cominciare a lottare trent’anni fa, quando aveva il coltello dalla parte del manico, per diffondere la libertà di opinione e di religione, anziché considerarla una questione di affari interni ai singoli stati. Sarebbe stato un bel vedere avanti.

O forse dovrebbe lottare al proprio interno per formare meglio le teste, perché il punto non è tanto la libertà di dire ciò che si vuole, ma il dovere di argomentarlo, anziché arrivare a un muro contro muro di verità urlate che si può risolvere solo ignorandosi a vicenda o sparando.

Ricordo che potete mettere un like alla pagina Facebook di Chi Non Muore a QUESTO LINK e che è un bel modo per supportare chi scrive. PS: E ora porchetta, alcool e abolizione del reato di vilipendio del Capo dello Stato per difendere la libertà.

5 pensieri su “206. Meu amigo Charlie Hebdo

    1. zcavalla Autore articolo

      Chiaro che ce ne sono. Anzi, se vogliamo è proprio la possibilità di mettere tutto in discussione che costituisce l’occidente. Dobbiamo perciò restare paralizzati? O siamo tenuti a forgiare il mondo nel modo che riteniamo meglio, anche facendo scelte difficili che potrebbero in futuro rivelarsi sbagliate?

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